Costringere il debitore a vendere l’immobile per pagare il debito configura il reato di estorsione

Costringere il debitore a vendere l’immobile per pagare il debito configura il reato di estorsione
02 Maggio 2018: Costringere il debitore a vendere l’immobile per pagare il debito configura il reato di estorsione 02 Maggio 2018

Possono esserci delle situazioni nella quali la condotta del creditore che cerca di recuperare il proprio credito senza rivolgersi alla Giustizia finisce per integrare il reato di  estorsione, come nel caso affrontato dalla Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14160/18.

Il quel caso, il Tribunale del riesame di Caltanissetta aveva confermato l’applicazione della misura della custodia in carcere all’imputato, accusato dei reati di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione.

La difesa aveva quindi proposto ricorso in Cassazione, deducendo, tra le altre, l’insussistenza del reato di estorsione, posto che la condotta era inquadrabile nell’ambito del meno grave delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone, essendo la persona offesa debitore dell’imputato.

I Giudici di Piazza Cavour, però, non hanno ritenuto condivisibili le argomentazioni del ricorrente.

Ripercorrendo i termini della vicenda, infatti, risultava che l’imputato, seppur titolare di un credito nei confronti della persona offesa, aveva costretto quest’ultima con la minaccia a vendere la propria abitazione, al fine di potersi soddisfare sul relativo prezzo di realizzo.

Secondo la Corte, il punto per valutare se il fatto contestato potesse o meno essere qualificato come esercizio arbitrario delle proprie ragioni (come sostenuto dalla difesa dell’imputato) consisteva nel verificare se l’imputato avrebbe ottenuto comunque la vendita dell’immobile su cui soddisfare le proprie ragioni anche senza la condotta violenta, ma semplicemente rivolgendosi al Giudice.

La risposta è stata negativa.

In tal caso, infatti, l’imputato, rivolgendosi al Giudice avrebbe ottenuto un titolo esecutivo da far valere nei confronti del suo debitore, ma non certo direttamente la vendita coattiva dell’immobile.

Pertanto, la tesi proposta dal difensore dell’imputato non poteva essere accolta, in quanto “il creditore che costringa, con minaccia, il proprio debitore a vendere l’immobile in cui abita per soddisfarsi sul ricavato della vendita del credito che vanta, commette il reato di estorsione e non di esercizio arbitrario delle proprie ragioni in quanto non avrebbe potuto ricorre al giudice al fine di ottenere direttamente la vendita coattiva del bene del debitore insolvente".

Alla luce dell’enunciato principio di diritto, pertanto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dall’imputato, così confermando l’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Caltanissetta e, di conseguenza, la legittimità della misura della custodia cautelare in carcere applicata.

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